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C'era una volta uno chef senese e una studentessa torinese ovvero...

Storia di come imprenditori si diventa.




* Favola/Realtà, La nostra storia/Storia d’impresa

Il web – e non solo – è costellato di pagine, siti, blog, forum e corsi pratici riguardanti l’avviamento di un’impresa. Intendiamoci: qualcuno di questi è utile, alcuni contengono consigli da riportare nella propria realtà, ma la verità nuda e cruda è che nessuno di essi farà mai completamente al caso vostro. Perché? Semplicemente perché nessuno, a parte voi, conosce a fondo il tipo d’impresa che volete realizzare e che cosa avete in testa, e forse, diciamocelo onestamente, di preciso non lo sapete nemmeno voi. È del tutto normale non avere le idee chiare quando si è alle prime armi: è l’esperienza a renderci consapevoli, e può maturare soltanto sul campo e col tempo.

Se potessi tornare indietro e parlare con la me stessa di qualche anno fa, le racconterei che niente sarà come lo immagina, la preparerei ad affrontare una dura realtà e ad avere pazienza per ottenere risultati. Succede forse in tutte le cose della vita, ma nel creare un’impresa, aspettative e realtà si prendono a pugni e schiaffi; creare poi un’impresa nell’alimentare o nel settore dolciario, è come aprire il vaso di Pandora delle problematiche.

A meno che non sia la settima start-up che avviate – e neanche questo vi da certezze -, l’idea di partenza sarà necessariamente diversa dalla sua realizzazione ma questo avrà comunque dei risvolti positivi.

Nella mia esperienza, la favoletta che ci siamo raccontati e le situazioni che poi abbiamo affrontato sono state differenti, ma col passare del tempo, la nostra idea di impresa si è delineata chiaramente.

“ C’era una volta uno chef senese e una studentessa torinese. Si conobbero una sera di inizio settembre durante una serata tra amici; lei si era trasferita a Siena da qualche mese ed era contenta di conoscere persone nuove. Lui, chef in pausa in quel momento, si mostrò subito disponibile a farle conoscere la meravigliosa città in cui lei aveva scelto di vivere, tanto più che erano praticamente vicini di casa.

Col passare dei mesi e l’arrivo dell’inverno, i due scoprirono quanto fosse speciale il loro legame e, nonostante lei non fosse arrivata sola a Siena, rimanere lontani fu loro impossibile. E così, quel legame si rafforzò sempre di più, mentre, con l’alternarsi delle stagioni, progredivano anche i loro progetti per il futuro. L’amore fa rispolverare vecchi sogni nel cassetto, fa cambiare i piani in corsa, veste di nuovo idee quasi dimenticate.

Dopo quasi tre anni dal loro incontro, i due iniziarono a parlare della possibilità di costruire qualcosa insieme: nel frattempo, dopo la cucina, Simone si era avvicinato prima al mondo del cioccolato e a quello della pasticceria poi, manifestando la volontà sempre più ferma di avere uno spazio unico dove raccontare la propria passione. Lei, invece, ancora indecisa su cosa voler fare da grande, si offrì di collaborare al progetto, forse soltanto temporaneamente, pensò. In un paio d’anni così, prese vita Chocolat, almeno nelle loro menti… ”

Prima regola per costituire un’impresa: mai pensare che tutti gli anni di lavoro da dipendente, tanti o pochi, intensi o convulsi che siano, possano essere sufficienti a sentirsi preparati. È un po’ come aver fatto il passeggero per vent’anni e poi decidere di mettersi al volante: bisogna prima imparare a guidare. La passione sicuramente è un grande motore ma spesso, realizzare i progetti significa venire a patti con la realtà.

Quando con Simone collaborai all’apertura di Chocolat, non avevo idea di quanta burocrazia bisognasse espletare prima di poter alzare la serranda. Forse perché avevo meno esperienza di lui in questo settore, ma nella mia mente tutto appariva alquanto semplice: scegliere un locale, fare un progetto, compilare le pratiche, iniziare i lavori, riempire il negozio con ciò che serve, pubblicizzare l’apertura e finalmente iniziare a lavorare. Mai nella vita sono stata sbugiardata così tanto!

Ogni città e ogni regione hanno applicazioni diverse delle normative, o magari, quando abbiamo aperto successivamente a Gassino sapevo già cosa mi aspettasse, ma a Siena le cose mi sembrarono più complicate del dovuto. Per prima cosa, esiste una distinzione di destinazione d’uso tra locali commerciali e artigianali, difficilmente convertibile, perciò la scelta del posto è inevitabilmente vincolata a questo fattore; non solo, anche la metratura di laboratorio o cucina e spazio vendita deve essere strettamente legata alla tipologia di locale.

Se vi capitasse poi, di sentir parlare di agevolazioni per le nuove imprese o di fondi per giovani imprenditori, non illudetevi: molto spesso le restrizioni per accedere ai bandi sono così tante da far sì che in pochi vedano finanziato in toto il proprio progetto.

Infine, se siete convinti di avere un’idea vincente, portatela avanti ad ogni costo ma non vi aspettate che gli altri ci credano; chiunque vi segua, dai consulenti alle banche, vi guarderà con diffidenza e alla fine resterà fedele soltanto alla legge dei numeri.

Non scrivo tutto questo per scoraggiarvi ma per prepararvi: riuscirete comunque a realizzare la vostra impresa ma dovrete fare dei compromessi, prima che quell’idea da cui siete partiti si compia. Ci abbiamo impiegato quasi due anni per inaugurare il primo Chocolat e spesso abbiamo pensato di mollare a causa del peso delle troppe incombenze, abbiamo commesso qualche errore ma finalmente, dopo qualche anno, abbiamo ottenuto le prime soddisfazioni.

Non demordere: questo è il mantra di chi vuole avviare una start-up.

“ I lavori non furono semplici, le risorse economiche ottenute scarse, ma i due erano fiduciosi che una volta inaugurato il locale, gradualmente si sarebbe sistemato tutto.

Si sposarono a luglio del 2015 e nell’ottobre dello stesso anno inaugurarono il negozio fuori Porta Camollia. Purtroppo, le loro aspettative furono ben presto deluse: nonostante un primo Natale ricco di soddisfazioni, le spese e le incombenze li travolsero rapidamente. Alcune scelte, come il locale dall’affitto più oneroso ma in una buona posizione, si rivelarono sbagliate e Alessandra, convinta di partecipare soltanto temporaneamente all’avviamento del negozio, si ritrovò per alcuni periodi a fare due lavori, mentre Simone lavorava quasi giorno e notte per riuscire a mantenere tutto l’assortimento del negozio.

Dopo più di un anno di tentativi, di notti insonni a causa delle preoccupazioni e dei conti che non tornavano, di ansia e paura di non sentirsi all’altezza del progetto, i due giunsero a un bivio: continuare a perseverare o dare una svolta radicale al progetto di Chocolat… ”

Una cosa è credere nella propria idea, un’altra è insistere agendo sempre allo stesso modo, nonostante i risultati negativi. Ho imparato che diventare piccoli imprenditori vuol dire soprattutto essere in grado di rinnovarsi, superare cioè i momenti difficili cercando di essere elastici e aperti al cambiamento.

Nel nostro caso, lo spostamento si rivelò vincente. Non sappiamo ancora oggi se una piccola città come Siena non fosse pronta, se il nostro approccio fosse sbagliato oppure se avessimo dovuto insistere ancora per raggiungere risultati soddisfacenti. Sappiamo però, che la prima cosa che ci chiedemmo fu: “Siamo noi il problema?”. Per capirlo, decidemmo di modificare la nostra offerta e di traslocare Chocolat, facendo un’analisi di mercato più approfondita e accettando soltanto compromessi che non snaturassero l’impresa che volevamo costruire.

Durante l’esperimento senese, mi sono sentita ripetere molte volte che i momenti duri fanno parte del gioco, che è necessario farsi conoscere e che ci vogliono anni prima che un’attività decolli: tutti luoghi comuni e consigli di espertoni che potete mettere in quel calderone di parole sull’avviamento d’impresa di cui dicevamo all’inizio. A un certo punto, il vostro istinto sarà l’unico di cui fidarsi per capire se andare avanti, cambiare direzione o fermarsi; ciò che per alcuni si rivela proficuo, per altri può essere dannoso.

I momenti duri esistono eccome, ma ha senso attraversarli se si vede l’obiettivo in lontananza; noi, dopo mesi e mesi di perseveranza, decidemmo di dare una svolta perché, dal nostro punto di vista, proseguire non ci avrebbe permesso di avere altre possibilità in futuro. Valutammo i rischi, i pro e i contro, e alla fine decidemmo che, per comprendere a fondo i nostri errori, avremmo dovuto cambiare luogo e impegnarci maggiormente.

Simone era già consapevole da tempo che la formazione costante è imprescindibile dalla sua professione; successivamente lo compresi anch’io e mi adoperai di conseguenza.

A volte ho l’impressione che, in questo settore, si dia per scontato che il lavoro vero finisca in laboratorio e che stare dietro al bancone sia una pura formalità. In questi anni, invece, facendo tesoro anche delle esperienze altrui, ho capito che studiare è sempre utile e che conoscere ciò che si vende è fondamentale, così come lo è curare l’immagine dell’azienda all’esterno, comunicando chi siamo.

“ Era quello il momento di decidere, dentro o fuori. Lei aveva sempre saputo quali fossero le potenzialità della passione di lui, ma finalmente aveva capito di voler fare degli aspetti affascinanti di quella collaborazione, nata quasi per caso, il suo vero lavoro. Siena, però, non era il posto giusto. I due capirono di doversi spostare e scelsero la provincia di Torino, la patria assoluta del cioccolato e della pasticceria mignon, se non altro anche per avere un appoggio, quel sostegno familiare che significa cibo pronto in tavola dopo una giornata sfiancante o l’aiuto per svuotare gli scatoloni del trasloco.

Cambiare aria non era sufficiente. Lei capì che studiare e formarsi era il punto di partenza per costruire un’impresa solida e, in fondo, ne era entusiasta: adorava farlo.

Così, quando nel maggio del 2020 i due inaugurarono il negozio piemontese, Alessandra iniziò a frequentare corsi, si iscrisse a un master, passava le ore libere dallo stare dietro al bancone a studiare come farlo al meglio e a come far crescere gradualmente l’attività, mentre Simone trascorreva le sue a perfezionare ricette e a consultarsi con i più grandi esperti del settore.

Finalmente i sacrifici e i momenti bui iniziarono ad avere un senso…”

Quando finalmente si intravedono i primi risultati e delle prospettive di crescita, inizia il lavoro vero. Il feedback positivo è soltanto il segnale che siete sul percorso giusto, ma bisogna continuare a guidare.

I primi due anni, in cui io e Simone eravamo ancora gli unici componenti del team Chocolat, furono molto faticosi. Non potevamo permetterci di rimanere sguarniti, così come la pubblicità e il farsi conoscere erano fondamentali; questo significò spesso notti trascorse in laboratorio per rifornire i congelatori che – per fortuna! – si svuotavano e ore infinite, a negozio chiuso, passate a confezionare gli ordini e a pubblicare le novità sui social per essere sempre presenti. Rispetto alla prima esperienza, però, questi sacrifici portarono dei risultati e una crescita costante che ci ha permesso in breve tempo di allargare la nostra squadra.

È vero che l’andamento di un’impresa può essere valutato soltanto dopo qualche anno, ma per quanto mi riguarda, è altrettanto vero che basta poco per valutarne il trend. Vi accorgerete subito se la vostra idea funziona e se la risposta dei clienti è buona ma, se così non fosse, potrete valutare di invertire rotta o smettere di proseguire e, se non foste pienamente convinti del risultato, eviterete di perdere risorse senza uno scopo.

“ La strada da fare era ancora parecchia, le settimane senza giorni di riposo ancora tante, ma i due, questa volta, intravedevano realmente molteplici possibilità di evoluzione, e acquisivano nuovamente fiducia nelle proprie potenzialità, colmi di gioia perché Chocolat somigliava sempre di più a quell’idea da cui era nato tutto.

Dopo un paio d’anni, i due iniziarono ad allargare la famiglia di Chocolat, prima in laboratorio e poi dietro al bancone, riuscendo a diventare più imprenditori e meno dipendenti della propria azienda.

Man mano che l’impresa cresceva, cresceva anche il sogno. Presero vita così altri progetti, come le collaborazioni con altre piccole imprese, l’evoluzione della loro idea di pasticceria e il relativo packaging, la partecipazione ad eventi importanti.

La paura di correre troppo era sempre dietro l’angolo, ma non scordavano mai la loro capacità di rialzarsi anche dalle cadute più rovinose.

Insieme, come sempre da quella sera di inizio settembre… ”

Questa favoletta moderna non ha un vero proprio finale, continua ad accadere giorno dopo giorno. Lo chef e la studentessa sono diventati grandi insieme ma i sogni da realizzare sono ancora tanti; così, invece di scrivere che 'Vissero per sempre felici e contenti ’ – finale che poco si addice a un racconto così vicino alla realtà - , mi auguro, tra qualche anno, di poter raccontare ancora di loro e del loro dolce progetto d’amore.

Tutto parte dalla vostra idea. Se decidete di mettervi in proprio è perché siete ambiziosi e volete costruire qualcosa. Se invece lo fate perché pensate che sia più semplice, non fatelo. Penserete al lavoro giorno e notte, spesso non ci saranno domeniche o ferie, ma se siete pronti ad affrontare tutto questo, vuol dire che credete seriamente nella vostra idea e siete determinati a realizzarla.

Noi ci abbiamo creduto, anche quando eravamo gli unici a farlo.

Perché le piccole imprese testimoniano di passioni che si trasformano in professioni: più siamo bravi a raccontarle, più le persone le condivideranno con noi.

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